di Fabio G. Angelini
Mancano pochi giorni al voto ed il dibattito sulle schede elettorali “ingannevoli” mi induce a qualche considerazione su questa lunga, noiosa e asettica campagna elettorale.
Si era partiti con il piede giusto; sembrava che miracolosamente i partiti (o meglio, i loro leader/padroni) fossero in grado di innovare l’assetto politico grazie ad un radicale ripensamento del sistema delle alleanze capace, di fatto, di fare quanto in parlamento (a causa dei veti incrociati e delle esigenze politiche contingenti) non era riuscito. Sono così nati il Partito Democratico, il Popolo della Libertà, l’Unione di Centro, e la Sinistra Arcobaleno, ovvero, le quattro macro-aree politiche cui guardava la proposta di riforma della legge elettorale in senso proporzionale alla tedesca. Ma al di là di questa innovazione, senz’altro positiva – ma la cui tenuta nel lungo periodo è tutta da dimostrare visto che i processi politici non possono essere surrogati dall’utilizzo dei meccanismi elettorali – tutto sembra uguale o se possibile peggiore di prima. E poiché tutti i nodi (prima o poi) vengono al pettine, sono in pochi a non aver compreso come ciò che di veramente marcio c’è nella politica italiana è il rapporto (ormai patologico) tra i partiti e i loro leader ed il cittadino, a seconda delle circostanze, utente, elettore o consumatore.
Soeren Kierkegaard, ne “Il Diario del Seduttore”, diceva che per il seduttore “impadronirsi dell’anima di una ragazza è arte, ma rendersene liberi è un capolavoro”. Sarà pure ardito il confronto ma in questa campagna elettorale – con il tormentone del voto utile e la polemica sulle schede elettorali – trovo diversi (ed inquietanti) punti di contatto con la storia di seduzione “estetica” di Giovanni e Cordelia raccontata dal filosofo danese.
Al seduttore kierkegaardiano, così come ai due grandi partiti contenitori che ambiscono a realizzare il duopolio della politica italiana, non sembra interessare tanto possedere la donna quanto goderne esteticamente il cedimento e l’abbandono. Per questi moderni seduttori l’arte consiste nell’incantare la fanciulla con le doti dello spirito, con il magistero della parola, portandola a quel punto di turbamento in cui essa smarrisce il proprio equilibrio ed è pronta a qualsiasi sacrificio.
Si badi, non c’è nulla di male nel cercare il consenso degli elettori con tutti i mezzi leciti previsti dall’ordinamento. Ma ciò che di perverso e di sbagliato c’è nel seduttore kierkegaardiano è quell’egoismo raffinato attraverso cui vuole trarre per sé il massimo piacere con il minimo sacrificio e che si traduce in una sostanziale negazione della donna – o, proseguendo con la nostra metafora – dell’elettore, sempre più confinato nel ruolo di semplice spettatore della politica piuttosto che di fine ultimo e nobile della stessa.
La polemica sul voto utile e sulla presunta ingannevolezza delle schede elettorali è grottesca, stucchevole e di cattivo gusto. Sia perché serve soltanto a spostare il dibattito dal tema dei programmi e delle ricette per il futuro a quello della polemica spicciola tra i partiti, del pettegolezzo da bar o da processo del lunedì; sia perché umilia la dignità del cittadino elettore che, già orfano della possibilità di scegliere il proprio deputato o senatore, in un sistema che si vorrebbe a tutti i costi bipolare corre il concreto rischio di essere ridotto a mero ratificatore di scelte politiche già fatte a tavolino prima del voto.
In realtà, l’unico voto utile è quello libero e consapevole. In una democrazia moderna, la politica ha la pesante reponsabilità di ricercare il consenso degli elettori, anche seducendoli, ma rispettando il loro ruolo e la loro sovranità, senza ricorrere a mezzucci, alchimie o cavalli di Troia.
Se a seguito di una competizione elettorale svoltasi nel rispetto della par condicio, delle più elementari regole di buon senso e del principio della parità delle condizioni di partenza gli elettori riterranno di esercitare la propria sovranità rafforzando il duopolio Veltroni-Berlosconi e garantendo ad uno di questi partiti-contenitori i numeri per governare, il sistema politico non potrà fare altro che adeguarsi ricomponendosi intorno ai due grandi partiti. Ma se è questo ciò che gli elettori vogliono, a tale risultato dovrà giungersi nel rispetto delle regole della democrazia, senza inganni o trucchetti; senza cioè suggerire tale esisto attraverso l’utilizzo strumentale di schede elettorali studiate appositamente per offrire ai due maggiori partiti (o coalizioni) condizioni di visibilità maggiori rispetto a quelli minori in ossequio ad un sistema politico bipartitico e fondamentalmente presidenzialista per ora solo nell’immaginario del PD e del PdL ma tutt’altro che esistente.
I partiti seduttori, al pari del Giovanni kierkegaardiano, non sono immuni dal sentimento della noia e della disperazione. E cioè dell’indifferenza nei confronti di tutto e della demotivazione. Una politica “seduttrice”, schiava del proprio sottile egoismo, che sceglie di non scegliere rinunciando a costruirsi un'identità per vivere solo nel presente comprende ben presto, con disperazione, il vuoto della propria azione, senza senso e senza futuro. E forse questa campagna elettorale ne è la testimonianza.
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