domenica 13 dicembre 2009

Il nostro 2 dicembre

Sono già passati tre anni da quella splendida serata. Sono già passati tre anni da quando l'Udc comprese che era davvero giunto il momento di smettere di essere solo un'appendice del centrodestra e diventare veramente un partito di centro. Sono già passati tre anni. Eppure sembra solo ieri. Questi 1080 giorni trascorsi sono stati i più difficili, i più impegnativi e i più belli e importanti della nostra storia: quella sera, dal palco del Palasport di Palermo, Pierferdinando Casini disse chiaramente che il Centrodestra aveva fallito nella stessa misura in cui stava miseramente fallendo il Centrosinistra: "la Casa delle Libertà non ha più senso. Il suo ritualismo fa parte del passato e non di una prospettiva presente". Parole di una straordinaria attualità se si considera che ora le sentiamo sulla bocca del presidente della Camera, Gianfranco Fini, che però quel 2 dicembre era a un'altra manifestazione, quella di piazza San Giovanni, la piazza dei parrucconi. Dicevo che questi sono stati tempi difficili, difficilissimi per il nostro partito: le elezioni politiche del 2008 sembravano dover essere l'inizio della fine per il nostro sogno di poter costruire una grande forza moderata, centrista, popolare e liberaldemocratica. Sembravamo essere destinati a essere stritolati dalla morsa bipartitica del Pd e del Pdl, i due grandi partiti di creta senz'anima. E invece, solo un'anno e mezzo dopo, cosa è successo? Dal Pd è uscito Francesco Rutelli, uno dei suoi padri fondatori, che con la sua Alleanza per l'Italia si appresta a confluire nel nostro progetto; Gianfranco Fini, altro cofondatore del Pdl, è su distanze sempre più nette dal suo stesso partito e presto, probabilmente, si unirà a noi e al nostro sogno di costruire una Kadima italiana che possa essere un elemento di normalizzazione politica e sociale, che archivi la ormai logora Seconda Repubblica e apra finalmente le porte alla Terza Repubblica. In tre anni, dal 2006 al 2009, abbiamo fatto più cose che in dodici, dal 1994 al 2006. Senza rendercene conto, anche lo stesso Dna del nostro partito è mutato profondamente: la base elettorale si è rinnovata e negli ultimi giorni sta crescendo esponenzialmente. Tutti i politologi migliori e i sondaggisti più affidabili sono concordi nell'affermare che l'area di centro (Udc+Api) viaggia stabilmente sopra il 10 per cento. Ma ora il tempo delle parole, degli avvicinamenti tattici, delle strategie a lungo termine è finito. Il nostro nuovo partito non deve ereditare il blocco del voto moderato da nessuno: se lo deve conquistare con i denti, fino all'ultimo residuo di percentuale. In questi 15 mesi abbiamo scelto, giustamente, di imboccare la strada rischiosa della coerenza e del coraggio: non buttiamo tutto in aria proprio adesso. Adesso tocca a Casini farci sognare di nuovo. Come ha già fatto durante quella meravigliosa notte.

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