Come sarebbe l'Italia di oggi vista da un altro pianeta? Cosa penserebbe un marziano se potesse vedere le sorti del nostro Paese legate alle dichiarazioni atomiche di un pentito o alla buona riuscita o meno di una manifestazione di piazza? Una terribile immagine. Basta prendere in mano il telecomando e dare un'occhiata ai vari salotti televisivi per rendersi conto di quanto siamo caduti in basso: ormai l'informazione si seleziona a seconda del partito votato, le trasmissioni fanno a gara per ingraziarsi il Capo (facendo outing vergognosi come quello della conduttrice Monica Setta su Rai2) o per denigrarlo più efficacemente possibile (vedi Santoro&C.). Alla faccia di chi vorrebbe avere un quadro della situazione chiaro e realistico. Ieri, tanto per fare un esempio, la trasmissione Ottoemezzo di Lilli Gruber si è risolta in un interminabile teatrino delle parti tra Daniele Capezzone, portavoce del Pdl e Gianfranco Mascia, uno dei promotori del No B-Day: sembravano a scuola, con la Gruber che sbatteva i piedi, furiosa perché messa da parte nel loro scambio di assurde ovvietà. Proprio il No Berlusconi Day tiene banco ormai da più di due settimane nell'agenda politica nostrana. Una manifestazione come tante altre, direte voi. Forse tra una settimana nemmeno ce la ricorderemo più. O forse no. Sicuramente non possiamo eluderla o glissarla così facilmente: dobbiamo porci delle domande serie. Sono due, principalmente, quelle che ritengo non possano essere tralasciate. Primo: perché una manifestazione di una tale portata è riuscita a nascere in modo così spontaneo? Secondo: può la democrazia riceverne un bene o un male? E' chiaro a tutti che se oltre 350 mila persone scelgono di sfilare in piazza grazie a un semplice passaparola telematico, è perché il nostro Paese vive un periodo di profondo malessere sociale, economico e politico. Non è solo antiberlusconismo, è qualcosa di molto più profondo. Peccato che poi ci siano sempre i Di Pietro e i veterocomunisti a rovinare tutto, facendo degenerare una manifestazione popolare nel solito raduno di sinistrorsi incontentabili, da cui rimangono inevitabilmente esclusi coloro che vogliono veramente cambiare le cose. Io stesso, che in un primo momento mi ero pronunciato favorevolmente, ho ritirato la mia adesione, dopo la notizia che la manifestazione era diventata cosa di Tonino. E così, purtroppo, nemmeno la democrazia ne riceverà un vantaggio. Ci saranno striscioni, urla, forse qualche incidente. Ma sarà talmente politicizzata, talmente settoriale, che finirà per rivolgersi a una sola parte del nostro Paese, con contorni ben definiti e precisi, e sarà così soltanto fine a se stessa. Ma in un’Italia spaccata tra berluscones e antiberlusconiani, pronta a imbracciare quotidianamente i fucili e a indossare gli elmetti, c'è ancora spazio per chi crede nel bene comune e nel bisogno di rifondare dalle fondamenta il nostro Paese? Sì, quello spazio c'è. Ma ha bisogno di essere ascoltato, di essere sfruttato (nel senso positivo del termine), di essere rafforzato. E oggi non c'è nessuno veramente disposto a farlo, se si eccettuano gli sforzi condotti avanti dall'Udc e dal nostro presidente Pierferdinando Casini. La formula di un'opposizione costruttiva che lavori per il bene del Paese è talmente rivoluzionaria e inusuale da far paura. Meglio gridare, urlare, abbaiare: è più comodo, più semplice. Ecco perché dobbiamo continuare sulla strada che abbiamo imboccato da tempo, quella del buonsenso e della ragionevolezza. Perché a decidere il bene della nostra Italia non saranno né le piazze, né le bombe atomiche dei pentiti. Saranno i volenterosi e i coraggiosi. Saremo noi.
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