domenica 13 dicembre 2009

La Destra oltre il Centro

Beppe Severgnini oggi dalle colonne di Sette definisce “improponibile” il progetto di una Destra delle regole, perché in Italia se si vuole essere de destra lo si deve essere alla maniera della Lega: muscolosi, battaglieri e intransigenti. E non moderati, aperti, riflessivi. Quindi Fini farebbe meglio a rivedere la sua posizione e a dare un assetto definitivo al proprio riposizionamento politico: perché dopo la sua svolta a “sinistra” (se così la si vuole definire) l'area del Pdl non è proprio più casa sua. Dura risposta da parte di Filippo Rossi che nel suo corsivo quotidiano su FareFuturo invita il giornalista del Corsera a indirizzare il proprio “pessimismo” altrove: “l'Italia merita di cambiare e diventare un paese normale”. Rossi cita anche lo storico Giovanni Tassani e immagina una destra “libertaria e non autoritaria, riformista e non conservatrice, democratica, non populista, non gerarchica, non totalitaria, non antimoderna, non patriottarda, non razzista e non classista”. Un bell’affresco, non c’è che dire. Ma non vi pare che questa Destra assuma dei caratteri che l’avvicinano di più a un’idea centrista della politica? Qualche tempo fa proprio sul Secolo d'Italia, Agostino Carrino, scrivevache se i grandi partiti vogliono tornare a vincere devono essere in grado di recuperare voti al Centro. Non quello partitico, però, ma quello ideale, punto di sintesi costruttiva tra le idee conservatrice e quelle progressiste: un elettore di Centro moderno è definibile come un “progressive conservative”, un conservatore progressista. Basta dare un’occhiata al panorama politico mondiale: in Europa tutte le Destre sono tornate a vincere solo dopo aver virato con decisione al Centro, in modo da poter competere in modo più diretto con i partiti riformisti e socialdemocratici. Già il grande filosofo cattolico Augusto Del Noce distingueva due modi di fare Centro: da una parte, il compromesso, la prassi che prende il posto dei principi e degli ideali, un partito senza filosofia e senza religione come punto d’incontro neutro generato dall’affievolirsi di due spiriti. Una aggregazione senza grandi passioni che promette un benessere tranquillo e persuade al sonno e che vive prevalentemente sull’inadeguatezza degli altri partiti. Insomma, la “palude” della Rivoluzione Francese. Dall’altra, il “Centro” inteso come luogo della restaurazione dei principi che non punta alla dissociazione di teoria e pratica, bensì all’apertura del nuovo orizzonte dell’eternità dei valori della persona per un nuovo umanesimo politico; che diventa nella visione di Del Noce addirittura unafedeltà creatrice. Certo, il Centro finiano sarebbe diverso da quello incarnato dall’Udc: sarebbe più laico, più liberale, più progressista. Ma sarebbe un’agente destinato ad interloquire con il progetto da noi portato avanti e diventerebbe parte integrante del sogno di una Kadima italiana. Anch’io, come molti, specie tra gli elettori cattolici, ho dei seri dubbi su come si possano far convivere le divergenze in materia etica: ma se oggi vogliamo costruire un partito nuovo davvero dobbiamo essere disposti a superare le differenze e a valorizzare le nostre visioni comuni. Ilcentrismo di oggi dunque si presenta in tempi e modalità diverse da quello che abbiamo conosciuto finora, ma ha una continuità di ispirazione ideale che fa sì che la componente storica del popolarismo e del cattolicesimo democratico possa confluire una prospettiva più ampia: parlare oggi, dunque, di centrismo significa confrontarsi con le grandi novità dell’integrazione europea, della globalizzazione e di una sintesi possibile tra economia sociale e mercato mondiale liberale. Servono molti passi in avanti per giungere a questo punto. Sia Fini che Casini ne hanno compiuti già una buona parte: con l’apporto di Rutelli e di esponenti della società civile come Montezemolo, forse si può riuscire a creare qualcosa che paradossalmente riesca ad andare addirittura oltre il “Centro” stesso, superando definitivamente le terribili e intoccabili categorie politiche del Novecento, come ha auspicato lo stesso presidente Casini in un’intervista sul Messaggero. Un passo del genere riuscirebbe a superare anche il malconcio e fallimentare bipolarismo bloccato e potrebbe donare all’Italia un partito di governo forte, duraturo, europeo, moderno. Il futuro del nostro Paese passa per una Destra capace di convergere al Centro. Non ci resta che aspettare.


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