Riporto di seguito alcuni brani molto interessanti scritti sul forum Lo Scudocrociato, la community dei giovani democristiani. Le inserisco come una sorta di provocazioni, ovviamente l'invito è a proseguire sul forum le discussioni, per arricchire il dibattito, per far diventare
i nostri scambi di opinione una fonte di guadagno per il futuro.
Il caso Mele e l'UDC.
Il “caso Mele” è cronaca. C’è il dramma di un uomo (sottoscrivo totalmente quanto ha scritto Luca Volontè su Libero di ieri l’altro, concetti non dissimili da quelli espressi qualche giorno fa su questo blog), c’è tutta la necessità di riflettere sul dramma di un potere autocentrato e totalmente autonomo dalla morale. Ma è cronaca. Da “soldato semplice” dell’Udc sono altre le preoccupazioni che mi spiace non siano affatto al centro del dibattito all’interno della nostra comunità umana e politica (non è questione di ferie, non ce ne occupiamo proprio mai!). Questo intervento, spero non troppo noioso, auspico possa servire ad aprire, nella base, tra i miei sei o sette lettori, un poco di dibattito. Sono lontano dal giovanilismo. Seppur giovane, anzi… proprio perché giovane. Non mi interessa il nuovismo, lo lascio al “Veltroni collettivo” che ha agenti in ogni partito. Di “ricambio generazionale” (sicuro necessario, ma c’è nella nostra generazione qualcuno che voglia scatenare novità sufficientemente travolgenti da determinarlo?) non parlo che in dosi omeopatiche, per evitare di depotenziarlo a motivo retorico. Seppur, come chiarito, impiegando tutta la profilassi ideale e linguistica che l’oggetto del dibattito (ecco vengo ad esplicitarlo: il futuro del cattolicesimo-popolare in questo Paese), non posso non scegliere uno stile decisamente di rottura. Iniziamo dall’Udc. Ovvero dal “partito mai nato”, che nessuno – o quasi – ha attratto ma che ha subito innumerevoli scissioni. Il “partito” (le virgolette sono d’obbligo) che sopravvive grazie alla telegenica prestanza del prossimo marito di Azzurra Caltagirone, e a poco altro. Non c’è un progetto politico. Le menti migliori, penso a Rocco Buttiglione o a Mario Tabacci, sono di fatto isolati, con margini di manovra limitati (e quanto elaborano colpisce più fuori che dentro il “nostro” partito). Il buon Giovanardi, che pure sulla bioetica si produce in coraggiosi affondi, finisce per essere vittima di un certo moralismo (le uscite da “mamma coraggio” sulla necessità di chiusura delle discoteche o certi anatemi sulle nuove tecnologie non sono vertici di impegno etico, proprio no, solo chiusura mentale) e del suo “berlusconismo immaginario in salsa neo-dc”. L’Udc è la (nemmeno troppo ben riuscita) sommatoria di segmenti di potere correntizio. Senza una reale presa sul “mondo cattolico”, anche perché i ristretti margini di manovra - e una diffusa incapacità a praticare orizzonti più vasti, propri perché costretti nei rigidi argini della demarcazione per clan di luoghi e spazi – non consentono di attrarre e sinergicamente integrare storie, rapporti, energie che dalle aggregazioni laicali e dalle parrocchie provengono. Uguale ragionamento per associazionismo, sociale e imprenditoria. Il livello giovanile serve a replicare certi equilibri, al massimo a bilanciarli. Non c’è alcun “direttismo”, pochissimo il lavoro culturale… si agisce, certo non difformemente che in altri partiti, in “libertà vigilata”. Regna la coptazione ed una sostanziale disattenzione verso i territori. Troppo alto, poi, il tasso di moderatismo. A tratti parossistico. Non più un metodo ma un feticcio. Il cattolicesimo-popolare sturziano non sta nelle pastoie del moderatismo borghese. Credo, proprio per dare un futuro ad un’identità ed ispirazione che se assunta veramente avrebbe ancora molto da dire/dare, l’Udc (i suoi uomini, perché come realtà collettiva non è) debba accettare di lanciarsi in un progetto più grande, sotto la cifra della contaminazione. Non “ingegneria di Palazzo” con la “fusione a freddo” di qualche troncone della fu “Balena Bianca”, bensì il realismo di costruire una casa politica per il popolo di “Scienza & Vita”, del Family Day, per il popolo delle opere e della libertà. Non una creatura clerico-moderato, tantomeno uno spazio di mero centrismo all’insegna della “politica dei due forni”. Nei territori (nelle “periferie dell’impero”; penso alle nostre Valli e all’esperienza de “L’Officina”) esistono tentativi in questo senso, coraggiosi laboratori e qualche valido esperiment di superamento dell’idolo di questo “bipolarismo bastardo” (rubo la formula a Gianni De Michelis). Il Centro ha senso se riesce, come la Dc almeno fino ad un certo punto, a dare rilievo alla dialettica tra locale-centrale, oggi ben più decisiva che la stantia contrapposizione (in tempi di “terra piatta”) tra destra e sinistra. Oggi, questo ipotetico “Nuovo Centro” deve partire dal lavoro meta-politico (provvidenziale il lavoro di Savino Pezzotta), pronto ad investire su una transitoria fase (che potrebbe determinare la fine dell’eterna transizione che il nostro Paese sta subendo da quasi tre lustri) di “grande coalizione”. In Italia esiste – ma l’Udc pare non averlo capito, con Casino che un tempo agiva quale “tenutario della lista civica democristiana di Forza Italia” ed oggi gioca alla differenziazione sistematica dal Cav. – tutto lo spazio per una forza popolare, capace di rappresentare i cattolici, i riformatori e gli innovatori liber-democratici. Una sezione italiana del Ppe, capace di riflettere sul “modello Sarko”. Dov’è l’Udc, quasi ovunque commissariata ed in ogni dove ingessata dalle e nelle “partite a scacchi” tra i maggiorenti? Dov’è un progetto di ampio respiro, capace di intercettare e dare una “dimora operativa” a quel mondo di cui sopra? Non perdiamo tempo con il povero Cosimo Mele ed osiamo il dibattito… quello che è sempre mancato. Marco Margrita (http://www.stranicristiani.ilcannocchiale.it/)
Il futuro dell'UDC
Il dibattito è molto interessante. Il problema della rappresentatività dei partiti è centrale. l'avvento del berlusconismo ha significato tante cose. alcune (poche) positive, altre molto meno. La personalizzazione esasperata della politica è forse l'effetto collaterale più evidente. Sull'esempio berlusconiano molti si sono adagiati. Un partito lideristico seleziona giocoforza una classe dirigente mediocre. L'aspetto fiduciario (servile a voler essere cattivi) è predominante rispetto al resto. Gli uomini che pensano vengono guardati con sospetto in un contesto assolutistico e autoritario. Non sono visti come un valore aggiunto bensì come una minaccia alla quiete complessiva. la selezione è ,nvece, meritoctratica in un contesto realmente politico. la sfida sui contenuti prevale è centrale nella politica nobile e partecipata, lascia il passo all'obbedienza acritica in un contesto asfittico, conformista, figlio del timore di subire ritorsioni. la mia è una analisi complessiva sullo stato di salute della vita democratica del paese. Non intendo colpevolizzare nessuno. Non sarà semplice invertire la rotta senza una reale presa di coscienza della gravità della situazione. I giovani poi si limitano all'ordinario. la nostra è una generazione impaurita e quindi cinica. Credo però che possa ancora sorgere una nuova coscienza collettiva, in grado di difendere con passione e coraggio le ragioni della verità disinteressata e garantire un reale diritto di cittadinanza a tutti gli uomini che intendono servire la politica aldilà del ceto di appartenenza. Ciao e complimente per la profondità del dibattito. Il Toscano
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1 commento:
Ciao Riccardo, grazie per la pubblicazione del pezzo. Refusi compresi, ma l'importante sono i concetti espressi. Mi piacerebbe si aprisse un po' di dialogo e confronto. C'è il rischio, con il marketing neo-dc del Cav, ti finire per essere irrilevanti. Anche perchè nulla diciamo (dc amo) di originale.
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