domenica 19 agosto 2007

Etica - La verità che corrisponde all’Uomo

Etica - La verità che corrisponde all’Uomo.

Il pensiero dei Giovani UDC di Cremona, tratto da Noipress.it


Qual è il fulcro o la chiave di lettura dell’attuale disagio umano? Dobbiamo prendere coscienza che alla base di tutti gli squilibri che frastornano la vita delle nostre comunità stà un vero processo di diseducazione dell’uomo. Un movimento di persone, informazioni, esempi, esperienze, con cui veniamo a contatto quotidianamente. Reso imponente e dilagante, in particolare dai media e dai mezzi di comunicazione, questo processo tende a demolire quelle sicurezze e quei capisaldi che l’uomo erge a valori cardine della propria esistenza. E’ così! In questa parentesi storica si stà riproponendo uno scenario simile o collaterale ai movimenti illuministici. Tutto è relativo. Niente etica comune. Niente valori Universali dell’Uomo. Siamo di fronte al più grande inganno della storia dell’uomo, uno scacco alla libertà e alla verità.
Il dibattito Etico e Bio-Etico, cioè sull’etica della vita, è invaso da questo male. Un tira e molla ideologico e un susseguirsi di casi esasperati rende spesso più forti i dubbi di un opinione pubblica sbiadita e svogliata. L’attuale dibattito sul testamento biologico è una vera cartina tornasole che riprova quali sono i metodi e le strategie di questa corrente post-illuminista.
La loro sete disgregatrice non si placa nemmeno di fronte a dei casi umani, anzi gli stessi vengono elevati a bandiera di partiti e associazioni. Prima Piergiorgio Welby, ora Giovanni Nuvoli vengono dipinti come cavalieri nella battaglia pro-eutanasia. Premesso che è personalmente non-immaginabile il dolore e la disperazione da loro provata, sono convinto che queste posizioni siano l’estremizzazione di una umana impotenza. Impotenza che è verità tangibile per l’uomo e ancor di più per l’uomo afflitto da una malattia o da un disagio. Tornando all’etica, siamo consapevoli che alla base di questa c’è una domanda: quale libertà e quali limiti porre alle scienze, a partire dall’uomo.
Premesso ciò la posizione è chiara, l’uomo ha la priorità, è al vertice della creazione e a lui è stata donata la capacità e la libertà di evolvere la creazione stessa. Nella nostra riflessione sull’etica della vita la consapevolezza di questo dono non può essere accantonata per delle logiche di profitto, non siamo dei materialisti o degli scientisti e questo perché siamo sinceri di fronte alla realtà.
La domanda che deve muoverci allora e questa: "chi è l’uomo". Senza il riconoscimento di cosa è l’uomo, di che cosa lo costituisce, di quali sono i suoi bisogni costitutivi, originari, non è possibile "individuare" un’etica, né tantomeno una bio-etica.
L’eterogeneità di "concezioni bioetiche", che sono sorte nei nostri tempi da diverse correnti di pensiero, generano un equivoco Bioetico; per noi è veramente difficile in queste condizioni riconoscere il vero, ciò che è utile o che distrugge, quello che costruisce o fa crollare una vita, una convivenza civile, una civiltà. Infatti comunemente, con l’ausilio di "esperti", si tenta di elaborare regole, che prescindono però dal dato originario e fondante, cioè da "chi è l’uomo".
I casi Welby e Nuvoli hanno creato dei precedenti forti. Welby è stato fatto morire e l’assoluzione di Riccio è stata ritenuta "una conclusione logica". Da qui molti tenteranno di concretizzare una nuova etica - quella fondata e riconosciuta dal diritto per cui "il magistrato crea il nuovo diritto" e "non è omicidio staccare la spina" e al riconoscimento del principio di autodeterminazione del paziente tout court. Nuvoli si è lasciato morire e la sua morte ha scatenato la polemica sulla modalità più o meno consone della stessa.
L’esito di questi fatti è che serve una legge, che altri, parenti di pazienti in stato vegetativo e disabili coscienti, chiedono di poter finire come Welby e che infine il Ministro Turco indagherà su come si muore negli ospedali italiani. Così la crudele forza relativista naviga a vele spiegate. A noi stà la possibilità e la responsabilità di favorire una cultura della vita. Non stancarci di affermare e credere che si possa trovare dignità anche nelle sofferenze. Per questo chiediamo alle autorità di predisporre fondi e strutture che favoriscano l’accompagnamento dei malati terminali, cure palliative e terapie del dolore, un’alleanza medico-paziente, umanità e amore, il tutto sostenuto da un sistema efficiente, certamente costoso, ma sicuramente più corrispondente alle reali esigenze e domande del paziente, dell’uomo.

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